Se i ragazzi a scuola non ci vogliono andare, state tranquilli che non ci andranno! Lo sanno bene i genitori! Partiamo da questo punto per analizzare la dispersione scolastica e trovare le soluzioni.

Investire seriamente nell'istruzione pubblica laica statale.

L’obbligo scolastico a 18 anni è un’ottima proposta ma credo non sia sufficiente per combattere la dispersione scolastica e contrastare i fenomeni pericolosi di “Neet” e “Hikikomori”.

Pochi giorni fa tutti i media italiani hanno ripreso la notizia che vorrebbe al vaglio una proposta di estensione dell'obbligo scolastico fino a 18 anni. Motivazione? Combattere la dispersione scolastica.

Forse sarebbe opportuno ripensare anche ad un processo di valutazione di fine anno per tutti gli anni delle scuole secondarie di secondo grado con un esame finale.
Dobbiamo alzare il livello qualitativo dei nostri studenti e portare l'obbligo a 18 anni. Con la possibilità, in corso d'opera, di reindirizzare gli studenti meno portati per lo studio, in indirizzi professionali, all'interno dello stesso istituto, seguirli anche dal punto di vista psicologico – motivazionale ed evitare l’autoesclusione dal tessuto sociale (fenomeno Hikikomori)

In Italia, oltre ai “Neet” sta aumentando il fenomeno dei giovani “Hikikomori”, migliaia di giovani si recludono in casa. Hanno tra i 14 e i 25 anni e non studiano né lavorano. Non hanno amici e trascorrono gran parte della giornata nella loro camera. A stento parlano con genitori e parenti. Dormono durante il giorno e vivono di notte per evitare qualsiasi confronto con il mondo esterno. Si rifugiano tra i meandri della Rete e dei social network con profili fittizi, unico contatto con la società che hanno abbandonato. Li chiamano hikikomori, termine giapponese che significa “stare in disparte”.

E' opportuno ripensare ad una scuola innovativa anche in quel senso, con tutti gli indirizzi di studio visto che la Legge 107/2015 ( a tutt'oggi purtroppo non è stata cambiata) a regime trasformerà gli insegnanti in docenti di materie dipartimentali come auspicato dall'Associazione Nazionale Presidi, ovviamente mantenendo le classi di concorso e con insegnanti altamente specializzati nell'ambito della propria classe di concorso (materia) e stipendi adeguati per un professionista della didattica.


L'insegnamento non deve essere visto soltanto come una mission ma una professione di valore, di prestigio. Chi sceglie il percorso dell'insegnamento deve farlo con orgoglio e lo Stato deve riconoscere al docente l'altissima responsabilità sociale e culturale del suo mestiere.
Fare l'insegnante non deve essere un ripiego ma una scelta consapevole di svolgere un'importantissima professione alla pari di un medico, di un giudice, di un diritto costituzionale.

Gli studenti sono un patrimonio indispensabile, sono le riserve “auree” intellettive, sono il futuro del nostro Paese e abbiamo l'obbligo di prepararli, istruirli al meglio. Non lasciare nulla al caso.

Potrebbe essere un sistema per contrastare su larga scala l'abbandono scolastico, ovvero non solo quello legato alle difficoltà adattive sociali degli hikikomori, ma più in generale quello inerente alla capacità attrattiva della scuola.


Ridurre la standardizzazione (le prove Invalsi sono la morte della scuola, della didattica!)

"Sono convinto che questo sia il punto chiave per contrastare l'abbandono scolastico su larga scala, ovvero non solo quello legato alle difficoltà adattive sociali degli hikikomori, ma più in generale quello inerente alla capacità attrattiva della scuola.

Molti studenti sono annoiati e convinti che non ci sia niente che li appassioni perché le materie che vengono loro proposte sono veramente ristrette. Bisognerebbe offrirgli la possibilità di scegliere tra quante più opzioni possibili, inserendo nel ventaglio anche le discipline sportive (danza, atletica, nuoto, ecc.), digitali (videogames, videoediting, programmazione, graphic design, ecc.) e artistiche (teatro, pittura, scrittura creativa, ecc.). L'obiettivo deve essere quello di permettere la massima personalizzazione del percorso di studio". 
(fonte: Link )
La scuola dovrebbe puntare infatti alla valorizzare i talenti, seguendo le predisposizioni personali, mentre sembra piuttosto concentrata nel preparare "alla guerra del lavoro"
(espressione ricorrente nel pensiero dei ragazzi isolati).
Ridurremmo probabilmente l'abbandono scolastico e i NEET (“Not (engaged) in Education, Employment or Training” giovani che non studiano, non lavorano e non si formano professionalmente vivendo alla giornata senza fare nulla, stando ai dati pubblicati nel rapporto Unicef, il nostro Paese vanta un triste primato europeo. In Italia ci sarebbero circa 2.116.000 neet tra i 15 e i 19 anni: una cifra che rappresenta il 23,4% del totale dei giovani della stessa fascia d’età presenti sul territorio. Solo in Sicilia, l’incidenza di inattività è del 38,6% dell’intera popolazione residente. A seguire ci sono la Calabria (36,2%) e la Campania (35,9%).

Se riuscissimo a realizzare un nuovo piano dell’offerta formativa della scuola pubblica laica statale, avremmo in prospettiva anche un maggior numero di docenti utilizzati in modo corretto offrendo loro la possibilità di insegnare la propria materia nei corsi più idonei. La scuola secondaria di secondo grado pubblica laica statale così com'è strutturata non ha più senso!

Sono fondamentali anche le scuole serali, il piano dell'offerta formativa delle scuola del futuro (immediato) deve essere camaleontico e non deve essere solo un documento di facciata per pubblicizzare i propri indirizzi di studio.

Pragmatismo, professionalità, qualità, praticità e utilizzo delle aziende del territorio, per la parte laboratoriale. Gli studenti verrebbero affiancati dal proprio docente di laboratorio in tutti gli indirizzi di studio direttamente nelle aziende, studi professionali, fabbriche, strutture pubbliche mentre i docenti tutor di materie teoriche porterebbero gli studenti più bravi a seguire i corsi di approfondimento in Università.

Finalmente avremmo seriamente il collegamento tra scuola e azienda, e la scuola con l'università.

La “buona scuola” è stata approvata con il solito obiettivo di produrre tagli alla scuola pubblica laica statale, impoverendo la didattica e licenziando nei prossimi anni 200 mila insegnanti e 100 mila tra collaboratori scolastici, tecnici e amministrativi.

Rivediamo seriamente il processo scolastico, visto che la Legge 107 non è e non sarà mai in grado di migliorare la qualità dell'istruzione dei nostri studenti. 


Se i ragazzi a scuola non ci vogliono andare, state tranquilli che non ci andranno! Lo sanno bene i genitori!  Partiamo da questo punto per analizzare la dispersione scolastica e proporre le soluzioni da portare in 7a Commissione Cultura ed Istruzione di Camera e Senato.

fonte foto: 
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Paolo Latella
Insegnante e giornalista

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