Tra i due litiganti (insegnanti e genitori)... il terzo (studente) ne fa le spese


Agli occhi di molti genitori, gli insegnanti dovrebbero farsi rispettare e far valere la loro autorità (cosa che invece loro evidentemente non sono riusciti a fare), ma ve ne sono almeno altrettanti, se non di più, che per ragioni religiose, ideologiche o anche politiche, si contrappongono agli insegnanti, oppure si schierano senza riserve dalla parte dei loro figli quando si profila qualche ragione di divergenza o conflitto con gli insegnanti. La casistica quindi è variegata. In tutti i casi di contrasto o di mancata alleanza tra genitori e insegnanti a farne le spese saranno però comunque coloro che bene o male sono impegnati nel compito di crescere. Vediamo i casi che sembrano presentarsi più frequentemente.

La quota di genitori che vivono la scuola dei loro figli con un senso di estraneità non è certo trascurabile. Il fenomeno è però abbastanza facilmente spiegabile: lo sviluppo storicamente ritardato della scuola di massa ha prodotto una situazione dove molti genitori hanno raggiunto un livello di istruzione nettamente inferiore a quello dei loro figli e delle loro figlie e quindi si sentono in imbarazzo quando devono incontrare gli insegnanti che per definizione sono quasi sempre tutti laureati. Tutte le ricerche sulla scolarità della popolazione italiana evidenziano un netto divario tra generazioni adulte e giovani. Si pensi che nella classe d’età 55-64 anni, solo un italiano su tre ha raggiunto un diploma di scuola secondaria superiore, mentre nella classe d’età 25-34 la situazione è ribaltata nel senso che il diploma è conseguito da due italiani su tre. Questo divario, oltre ad erodere l’autorità genitoriale all’interno della famiglia, impedisce a una quota di genitori di seguire i figli nelle loro esperienze scolastiche, anche quando nutrono aspettative e aspirazioni emancipative nei loro confronti. E’ compito della scuola e degli insegnanti farsi un quadro sintetico ma accurato del territorio e dell’ambiente famigliare di provenienza dei propri studenti per darsi una ragione delle loro eventuali difficoltà e non sviluppare aspettative irrealistiche nei confronti delle loro famiglie. 

Non sempre l’assenza dei genitori con i quali instaurare un rapporto collaborativo è dovuta alla distanza e al divario culturale con la scuola dei figli. Vi sono molti genitori iperoccupati, o che perlomeno danno a credere di esserlo, dotati di buona cultura e buoni studi, che semplicemente non trovano il tempo per occuparsi della scuola dei loro figli e di fatto delegano in toto alla scuola la loro educazione. Si tratta più spesso di padri, ma anche, meno frequentemente, di madri, che nel difficile compito di conciliare carriera e figli finiscono sistematicamente per privilegiare la prima. Quando i genitori sono assenti per una ragione o per l’altra, al di là degli appelli moralisti alla partecipazione, agli insegnanti non resta che prenderne atto e cercare di non far pesare la situazione sui giovani coinvolti i quali rischiano, oltre al peso della disattenzione dei genitori, di dover sopportare anche il peso della loro svalutazione agli occhi degli insegnanti. Un ragazzo (o una ragazza) non deve essere indotto a vergognarsi di avere dei genitori giudicati inadeguati per carenza di cultura o per eccesso di disattenzione. Basta talvolta solo una parola, o anche uno sguardo o l’intonazione della voce per trasmettere a un bambino o a un adolescente l’idea di scarsa stima dei propri genitori da parte dell’insegnante e in questa situazione è abbastanza normale che il bambino o l’adolescente si schieri emotivamente a difesa dei genitori, compromettendo così la possibilità di un rapporto empatico con l’insegnante.

All’estremo opposto del genitore assente troviamo il genitore invadente e/o iper-protettivo. Mentre il primo è più spesso il padre, il secondo è più spesso la madre. Vi sono madri che ritengono che nessuno meglio di loro è in grado di “capire” i propri figli. Questo è certamente vero per i più piccoli, ma si dovrebbe ridimensionare gradualmente mano in mano che i figli crescono. L’acquisizione di autonomia comporta inevitabilmente l’allargamento e la moltiplicazione degli ambiti di comportamento sottratti alla vista e al controllo dei genitori. I genitori che pretendono di “sapere tutto” dei loro figli in realtà costituiscono un ostacolo nel percorso verso l’autonomia. In relazione alla scuola, i genitori di questo tipo tendono ad invadere il terreno specifico del ruolo del docente, magari non nella dimensione degli apprendimenti specifici, ma sicuramente nella dimensione relazionale; hanno difficoltà a tollerare l’idea che l’insegnante possa in parte sostituirsi a loro e possono addirittura percepirlo, forse inconsapevolmente, come un pericoloso concorrente. Questa sindrome trova condizioni più favorevoli per svilupparsi nel caso di figli unici, una condizione che, con la crisi di denatalità, è diventata sempre più frequente. E’ probabile che il proverbiale “mammismo”, di cui l’iper-protettività è sicuramente una manifestazione, sia un tratto in declino della cultura italiana, ma si deve trattare comunque di un declino piuttosto lento se si deve prestar fede ai racconti che gli insegnanti fanno dei loro incontri con le mamme nelle ore di ricevimento.

L’atteggiamento iper-protettivo è probabilmente distribuito in modo uniforme in tutti gli strati della popolazione, ma assume forme particolarmente problematiche per la scuola quando si associa ad un elevato livello di istruzione dei genitori e in particolare delle madri. In questi casi, infatti, le mamme non solo pretendono di “saper tutto” su bisogni, capacità, preferenze dei loro figli, ma pretendono di sapere anche che cosa devono sapere e come bisogna insegnarglielo. Non è facile, per gli insegnanti, arginare l’invadenza dei genitori di questo tipo. Per la crescita dei loro allievi è augurabile che riescano nel loro intento di bilanciare il peso di una famiglia onnipresente. Talvolta si può produrre un’alleanza tra insegnanti e allievi per garantire a questi spazi di autonomia per crescere che la famiglia stenta a concedere, ma è saggio (da parte degli insegnanti) evitare una rotta di collisione coi genitori. A parte i genitori iper-protettivi, aiutare i giovani ad acquisire gradualmente, e possibilmente senza gravi lacerazioni, autonomia dalla famiglia dovrebbe essere ritenuto dagli insegnanti un compito che rientra nei loro doveri professionali. I giovani hanno bisogno di figure adulte di riferimento extra-famigliari e, se non gli insegnanti, chi può svolgere efficacemente questa funzione?

(Alessandro Cavalli)

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