L’assegnazione del bonus agli insegnanti rischia di rivelarsi un flop

Valutazione docenti: la discrezionalità del dirigente non è pacifica.



Mentre la valutazione dei docenti entra nel vivo, sul senso della discrezionalità del dirigente scolastico non c’è propriamente unicità di vedute.

L’Anp sostiene a spada tratta la valutazione dei docenti come ambito tipico di esercizio della discrezionalità dirigenziale, secondo quanto previsto dall’art. 45 del dlgs 165/01 a proposito delle responsabilità dirigenziali sulla gestione del trattamento economico accessorio. Questione che, però, nel 165 è trattato sempre nell’alveo della privatizzazione.

L’Andis invece sembra proporre una prospettiva più amministrativista e pone l’accento sulle criticità giuridiche e scientifiche (di ordine soprattutto docimologico) di cui il dirigente scolastico dovrà tenere conto.

Alla fine, comunque, che il bonus venga assegnato per lettera, determinazione o decreto, l’atto di attribuzione non potrà che essere frutto di un procedimento amministrativo.

Questo andirivieni del preside tra piano pubblico e privato (prima è presidente di un organo collegiale e poi agisce unilateralmente nel momento dell’assegnazione) non fa bene all’equilibrio istituzionale, oltre che socio-psicologico, della sua funzione pubblica. Soprattutto in un contesto storico in cui la questione morale è centrale in ogni ambito della vita pubblica del nostro Paese.

Sorge quindi il fondato dubbio se, sia sul piano sociologico che amministrativo, a proposito del dirigente scolastico non si convenga semmai parlare di terzietà. Si guardi in questo senso, ad esempio, al bonus premiale per i candidati dell’esame di Stato, per cui è previsto che il relativo atto finale venga adottato da un organo collegiale e reso pubblico come «graduatoria» di una prova pensata proprio per selezio- nare il merito (si veda su questo bonus premiale la sent. Tar Campania 220/2010).

Il fatto che il dirigente scolastico possa, anzi debba, per legge, assegnare monocraticamente il bonus (sebbene sulla base dei criteri del comitato), e comunicarlo privatamente solo ai diretti interessati, va bene sì ma solo per attaccare l’asino dove vuole il padrone, d’altra parte deve farlo ope legis. La scuola è un’amministrazione pubblica, lo dice il comma 2 dell’art. 1 del dlgs 165/01.

Invece di normare a monte la deontologia docente, come fece con gli psicologi nel 1989, il legislatore ha introdotto di fatto una modalità che, avrà pure saltato a piè pari il rischio di fare la stessa fine del concorsone, ma non è detto che non faccia la stessa fine del merito distinto e delle note di qualifica. Peraltro la legge 107 introducendo il bonus non prevede né che i docenti debbano né che non debbano richiederla, come non prevede nemmeno il divieto di rifiutare il bonus (né avrebbe potuto farlo). Tant’è che l’Andis caldeggia l’idea che l’istruttoria preveda la richiesta del docente di essere sottoposto a valutazione (ma allora non si torna alla fattispecie dell’art. 448 del dlgs 297/94?).

Altro esempio dell’elemento tipico della discrezionalità del dirigente sì, ma in senso certamente oggettivo non soggettivo. Tanto che a questo punto, non si sa mai, parrebbe opportuno fare la stessa cosa rispetto all’accettazione del bonus.

La legge 107 chiarisce bene come è fatto e cosa fa il comitato di valutazione, dopo di che la patata bollente resta in mano al preside, dall’inizio alla fine, mentre il miur si affida alle faq o agli incontri di formazione.

Se la valutazione dei dirigenti scolastici alla fin fine può incidere sulla sua retribuzione mensile, in positivo ma anche in negativo, con questo sistema i docenti rischiano al massimo di non accedere ad un pezzo di retribuzione accessoria per definizione bonaria, elargita annualmente e una tantum. La verità è che l’unica valutazione vera dei docenti resta quella dell’anno di prova, che, per altro, va richiesta dall’interessato.

L’intero sistema di valutazione così messo in piedi dal dpr 80/2013 alla legge 107 sembra utile soltanto a dare una risposta all’Europa che nel 2011 chiedeva di valuta- re le scuole. Nel frattempo tutti raccomandano che i criteri adottati dal comitato di valutazione risultino i più oggettivi possibili (guardacaso).

A tal riguardo viene anche richiamata la teoria della valutazione della performance così come spiegata nella delibera Civit Anac 89/2010, che, però, prevede tra l’altro che, ai fini dello stimolo al miglioramento della performance, siano previste forme di incentivo non necessariamente economico. Se questo si potesse tradurre invece in premi utili al conseguimento di titoli inquadrati in un sistema organico di carriera dei docenti, previsto, tra l’altro, dalla prima versione de La Buona Scuola, le cose sarebbero diverse.

E sì che a quel punto il dirigente scolastico eserciterebbe un ruolo propulsivo e positivo nel sistema di carriera e nel progetto di vita dei suoi docenti, potenzialmente di tutti, visto che ci sarebbero poi tutti, ma proprio tutti, gli studenti a cui bisognerebbe garantire nel frattempo il massimo della qualità del servizio. Si è scelto invece di interpretare la valorizzazione dei docenti ancora una volta secondo una logica paternalistica.

Peccato però che il novecento sia già finito da un pezzo e che sarebbe servito coprire diversamente i buchi di sistema creatisi all’indomani dell’introduzione dell’autonomia, conferendo ai vari gradi dell’establishment il potere di valorizzare la relazione più che la competizione tra i docenti.


Giovanni Sancarello - Oggi Scuola

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