Unicobas Scuola ricevuto in VII Commissione del Senato - Ecco i 5 documenti integrali presentati in audizione

Il 28 maggio 2015 l'Unicobas Scuola è stato ricevuto dalla VII Commissione del Senato.
Sono orgoglioso di far parte dell'Esecutivo Nazionale di questo sindacato.
Abbiamo presentato in audizione i 5 documenti che allego qui. 

Sempre grande trasparenza e mai inciuci e richieste sotto banco in cambio di poltrone e sempre in difesa della scuola pubblica laica statale e garanti del sapere critico dei nostri studenti. Leggete i 5 DOCUMENTI. Se avete voglia fate "copia e incolla" in un file di open office o word e fatelo girare. Gli altri sindacati vi hanno mai fatto leggere il documento originale portato in Commissione Cultura ed Istruzione?

Testo sugli elementi di incostituzionalità de 'La Buona SQQQuola' (e non solo)che è stato consegnato dalla delegazione dell'Unicobas (Alvaro Belardinelli, Letizia Bosco, Stefano d'Errico) al momento dell'audizione presso la Commissione Istruzione del Senato.


UNICOBAS Scuola – Audizione Senato 28 Maggio 2015

DOCUMENTO N. 1

ECCEZIONI DI COSTITUZIONALITÀ RELATIVE ALLE NORME IN MATERIA DI SCUOLA, LICENZIATE DALLA CAMERA COME DDL 2994

Rilievi di incostituzionalità sul DDL 2994:


1. Palese disparità di trattamento sulla titolarità d’istituto tra docenti e personale ata, nonché rispetto al diritto alla permanenza sul posto di lavoro fra docenti e resto del pubblico impiego (violazione dell’obbligo della parità di trattamento nei confronti degli amministrati). Tutti hanno un posto fisso, anche chi è impiegato su di una linea di autobus, mentre con il ddl 2994 gli insegnanti verrebbero inseriti in un organico cd. ‘funzionale’ senza una scuola fissa, per coprire le assenze dei colleghi o per piccole supplenze. Questo vulnus, a regime, investirebbe tutti docenti, sia quanti andassero in esubero che quanti avessero necessità di procedere a trasferimento. I più ‘fortunati’ avrebbero un incarico triennale. Su triennalità del nuovo tipo di ‘contratto’ ed ambiti territoriali, va anche sottolineato che, come stabilisce il codice civile: “ogni lavoratore ha diritto, superato un periodo di prova e salvo comprovate esigenze, a permanere nel suo luogo di lavoro”.

2. Intervenire per legge, come questo ddl si propone per molti istituti economici, normativi e di stato giuridico, in sostanza come ente datoriale (‘inaudita altera parte’), significa anche violare unilateralmente, contro ogni norma del diritto del lavoro, il contratto nazionale vigente e tutte le norme poste costituzionalmente a garanzia della funzione docente in ordine alla salvaguardia della libertà di insegnamento.

3. Valutazione impropria della funzione docente da parte di chi non ne ha le competenze:

a) genitori ed alunni del Comitato di valutazione. Tralasciando l’evidente conflitto d’interessi è come se ai medici venisse imposto di scrivere anamnesi e terapie dietro dettatura dei pazienti. Stessa cosa per il POF (piano dell’offerta formativa), che verrebbe ‘delineato’ dal dirigente ed approvato dal Consiglio d’Istituto cancellando di fatto l’organo professionalmente preposto, che è il Collegio dei Docenti. Complessivamente, verrebbe reralizzata una ‘strategia’ valutativa inaudita, assolutamente diseducativa e destrutturante dell’autorevolezza dell’istituzione scuola, mai invalsa in sistemi formativi di pregio;

b) un dirigente scolastico, mai formato all’uopo (neanche sotto l’aspetto ‘tecnico’, poiché dovrebbe allora avere competenze quantomeno interdisciplinari certificate in campo metodologico didattico e su tutte le singole materie), che comunque non potrà mai avere una posizione di terzietà, essendo interno alle dinamiche di gruppo presenti nell’istituto. Una cosa del genere, esclusa ‘ab origine’ da qualsiasi manuale in dotazione agli studenti del primo anno di qualsiasi facoltà di psicologia, non avviene in nessun paese del mondo.

4. Gli insegnanti sono lavoratori non subordinati. La libertà d’insegnamento è un diritto indisponibile, perciò non può essere subire modifiche senza previa ‘alterazione’ della Costituzione. Venendo scelti da un dirigente scolastico, foss’anche con l’ausilio di un Comitato di valutazione per metà composto da genitori/alunni, gli insegnanti diventerebbero dei meri esecutori dei diktat del dirigente alla stregua di semplici impiegati, per di più ricattabili da genitori ed alunni, i quali ne deciderebbero persino la retribuzione ‘premiale’.

5. La gestione unilaterale e discrezionale da parte del dirigente delle risorse umane e professionali delle scuole, produrrà sicuramente ulteriori disparità fra istituto ed istituto, consegnando la definizione (definizione delle linee del POF) e la gestione (chiamata diretta e valutazione discrezionale dei docenti) del progetto educativo della Scuola della Repubblica ad una sola persona, ‘spacchettando’ in modo inaccettabile l’intero progetto formativo, che diverrebbe in tal modo ‘cosa del preside’, il quale otterrebbe di fatto maggiori poteri dello stesso Ministro dell’Istruzione.

6. Il ddl 2994 confligge con i Decreti Delegati (DdPpRr 416 e 417 del 1974), i quali dispongono che qualsiasi impianto normativo interessi la scuola, le leggi delega ivi previste, gli atti e le circolari ministeriali, debbano venire sottoposte al parere obbligatorio (anche se non vincolante) del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, mentre il ddl lo esclude esplicitamente. Esattamente perché si rispettasse questa norma, il Consiglio di Stato ha imposto al Ministro le recentissime elezioni per il CSPI, organo che invece viene ‘gabbato’ dal ddl con espressa previsione normativa.

7. Il ddl 2994 confligge con l’art. l’art. 97 della Costituzione, ove si statuisce che “nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante pubblico concorso”. Ciò codifica a monte un vincolo di imparzialità nell’assunzione dei dipendenti pubblici, ivi compresa la destinazione del luogo di lavoro (qui negata in nuce dall’eliminazione della titolarità di istituto). In ambito scolastico le garanzie di imparzialità e pari opportunità del personale scolastico sono attualmente assicurate da un sistema fondato sulla graduazione degli aventi diritto in forza del possesso di precisi requisiti: la scelta dell’amministrazione non è libera, ma ancorata ad equi parametri predeterminati. Il ddl, viceversa, non solo integra nelle mani del dirigente ogni stabilità nell’iter di prestazione di un lavoratore non subordinato, bensì prevede addirittura l’utilizzazione dei docenti anche su cattedre per le quali non sono abilitati. Inoltre, secondo recentissime indiscrezioni, verrebbe confermato addirittura il pasticcio prodotto a mero pareggio contabile col cd. ‘riordino delle classi di concorso’ ipotizzato con un testo del Miur, sinora mai validato in via definitiva, ai tempi dei tagli operati da Tremonti. La cosa ha già prodotto in via ‘ordinatoria’ nell’assegnazione dei docenti alle classi, una riduzione pesantissima della qualità degli ordinamenti scolastici in particolare nella scuola Superiore di Secondo Grado.

8. Contributi alle scuole paritarie. Come previsto dalla Costituzione, non si può confondere la scuola di stato con le scuole confessionali e con i diplomifici che non controllano neppure la frequenza. È vergognoso girare ogni anno 460 milioni di euro di contributi diretti alle strutture confessionali, più altri 250 milioni con contributi indiretti tramite le regioni e i comuni, quando queste strutture fanno pagare rette salate alle famiglie. È eticamente e socialmente immorale associare la parola costo standard allo studente. I nostri alunni sono una risorsa per il nostro Paese e non un costo. Il contrario è regalare contributi ed esenzioni a chi la scuola privata se la può permettere. Basta scorrere “Il Libro Nero della Scuola Italiana”, scaricabile gratuitamente all’indirizzo:

http://www.webalice.it/paolo.latella/libronero_latella.pdf per riflettere sull’illegalità nell’istruzione italiana (pubblica e privata) e le pressioni della Cei, Compagnia delle Opere, Opus Dei per la completa parità scolastica delle scuole religiose.
 

Stefano d’Errico (Segretario nazionale dell’Unicobas)


DOCUMENTO N. 2

DDL 2994: L’IMPATTO DEVASTANTE SU ORGANI COLLEGIALI E LIBERTÀ D’INSEGNAMENTO E D’APPRENDIMENTO


di Alvaro Belardinelli

Il DDL n. 2994 Giannini-Madia-Padoan del 27 marzo 2015 smantella la libertà d’insegnamento e d’apprendimento, privatizzando la Scuola Statale (l’unica pubblica) e demolendola. Eversivo il ruolo assegnato dal DDL al Dirigente Scolastico, sovraordinato gerarchicamente ai Docenti persino in ambito didattico. Infatti, benché nel testo approvato alla Camera il Dirigente non sia più definito responsabile «delle scelte didattiche dei Docenti» (come nell’art. 7, comma 1 del testo originario), egli resta titolare di tali e tanti poteri da poter comunque condizionare la libertà didattica dei Docenti medesimi.

Analizziamo i punti più critici:

I) Art. 3 (Piano triennale dell'offerta formativa): il Collegio dei Docenti diviene assemblea poco più che consultiva, perché predispone il piano triennale dell’offerta formativa «sulla base degli indirizzi (…) definiti dal dirigente scolastico» (comma 4) e perché viene soltanto “sentito” (insieme al Consiglio d’Istituto) dal Dirigente per predisporre la «stima del fabbisogno» di «docenti da destinare all’organico dell’autonomia» (comma 15).

II) Art. 3 comma 5; art. 4 (Scuola, lavoro e territorio), commi 2, 7, 8 del DDL: il Dirigente è condizionato dai finanziatori privati, che dovrà andarsi a cercare nel territorio, visto che anche il DEF 2015 del Ministero dell’Economia prevede progressive riduzioni della spesa statale per l’istruzione in percentuale sul PIL (nonostante il Paese sia già ‘maglia nera’ per gli stanziamenti per Istruzione, Università e Ricerca).

III) Art. 9 (Competenze del dirigente scolastico): fa del Dirigente un dominus che può disporre dei propri Docenti come vuole (mediante chiamata diretta), incaricandoli e allontanandoli a prescindere da elementi di valutazione oggettivi (graduatorie, titoli di studio, diritti acquisiti). Ogni Docente vivrà nel terrore di finire in soprannumero. Infatti, qualora l’organico della sua scuola dovesse contrarsi per una specifica materia, a perder posto non sarà l’insegnante ultimo in graduatoria, ma quello sgradito al Dirigente. Quindi, potenzialmente, può venire espunto l’insegnante bravo ma critico (e non ubbidiente), quello iscritto al Sindacato sgradito o quello che non insegna i contenuti che il Dirigente desidera, Dirigente che avrà modo, quindi, di creare una scuola ‘a sua immagine e somiglianza’ anche nel ‘targhet’ educativo, come se l’istituzione fosse ‘cosa sua’ e non più - come ‘prescrivevano’ già persino i primi testi pedagogici ‘d’appendice’ d’inizio ottocento - una comunità educante retta sulla cooperazione educativa. Oppure, se donna, quella che non accetta le “attenzioni particolari” del Dirigente medesimo: esattamente come avveniva durante il Ventennio mussoliniano, quando i poteri del Preside per certi versi erano analoghi (ché questo ddl, eliminando del tutto persino la titolarità di istituto, esaspera persino il nepotismo consentito durante il fascismo). Il Dirigente diventa un Capo che gestirà ogni scuola con logica imprenditoriale, subordinando a se stesso (nominato dall’alto per via gerarchica) la partecipazione dei Docenti alla vita della Scuola. Cessa la possibilità dei Docenti di verificare l’operato del Preside, di gestire alla pari la comunità educante e di partecipare alla organizzazione politica, economica e sociale dello Stato (come prescritto dall’articolo 3 della Costituzione). Eppure i Docenti non sono lavoratori subordinati, perché giustamente la Costituzione ne tutela la libertà di insegnamento all’articolo 33: «L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento». Principio recepito nei Decreti Delegati, che il DDL stravolge.

IV) Art. 9 comma 2 del DDL: prevede un Dirigente così gerarchicamente sovraordinato ai Docenti da poterli persino utilizzare «in classi di concorso diverse da quelle per le quali sono abilitati» (con grave nocumento per la professionalità dei singoli, nonché per la qualità del sistema scolastico).

V) Art. 9, comma 3: precarizza l’intero corpo docente. Docenti fortunati saranno quelli con incarico triennale, ottenuto inviando ai Dirigenti “candidature” (art. 9, comma 2) per ottenere un “incarico” temporaneo in una scuola (art. 9, comma 4). È così che si “valorizzano” i Docenti, il loro “merito” e le “risorse umane” della Scuola? E se un Docente non trova posto in una Scuola e viene chiamato in un’altra (magari lontanissima da casa propria)? Deve accettarla per forza. Pena il licenziamento (come già stabilito dal Decreto Legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 per i trasferimenti d’ufficio). Tutto ciò ingenererà ansia nei Docenti, danneggiando il progresso di questo Paese, perché libertà di insegnamento significa possibilità di ricerca autonoma e serena, senza timori d’altro tipo. Inoltre (violando anche l’art. 97 della Costituzione), introdurrà una lampante ineguaglianza sulla titolarità d’istituto tra Docenti e personale amministrativo: infatti, mentre qualunque dipendente pubblico ha un posto di lavoro fisso, i Docenti (unici in Italia!) finiranno in un “organico territoriale” non meglio definito (che potrebbe, dall’anno scolastico 2016-17, anche coprire un’intera regione, come desumibile dall’art. 8, comma 11) per supplenze anche di un giorno o di un’ora. È così che si vuol dare maggiore continuità alle cattedre e impedire che gli studenti cambino in continuazione insegnante?

VI) Art. 12 (Carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente) del DDL: eroga euro 500 all’anno ad ogni Docente per acquistare materiali connessi a formazione e aggiornamento. Ciò costerà allo Stato più di 381 milioni annui: il valore di uno scatto di anzianità. Sarebbe stato meglio, allora, aumentare lo stipendio ai Docenti italiani (che restano i peggio pagati del mondo occidentale e i laureati meno pagati d’Italia), riconoscendo loro deduzioni fiscali per spese professionali e di aggiornamento. Ciò dimostra a quale ruolo di subalternità (anche economica) il DDL intenda relegare i Docenti, riducendone gli spazi in ambito professionale ed economico. Viene in ciò deliberatamente ignorato l’articolo 36 della Costituzione, che conferisce anche ai Docenti il diritto a una retribuzione adeguata alla qualità e quantità del lavoro svolto, e tale da garantire una vita libera e dignitosa.

VII) Art. 13 (Valorizzazione del merito del personale docente), comma 2 del DDL: «Il dirigente scolastico, sulla base dei criteri individuati dal comitato per la valutazione dei docenti, (…) assegna annualmente al personale docente una somma del fondo» («euro 200 milioni annui», comma 1), la quale, «definita bonus, è destinata a valorizzare il merito del personale docente di ruolo» (comma 3). A parte il fatto che 200 milioni significano una media di euro 20.000 per ogni istituzione scolastica (in media circa 200 euro annui lordi a Docente, ben misera somma per «valorizzare il merito» di un insegnante in un intero anno scolastico), ciò significherà un ulteriore grande potere nelle mani del Dirigente Scolastico, libero, nel distribuire i fondi, di scegliere anche una ristretta platea di ‘amici’ (o sodali) che esaurirebbero il budget, e di avvalersi del parere di soggetti (genitori e studenti, presenti nel comitato di valutazione) per definizione incompetenti a valutare un Docente. Ne consegue il rischio concreto che gli insegnanti non siano più liberi di insegnare nella maniera che ritengono più opportuna, di scegliere i contenuti secondo coscienza e di esprimere valutazioni obiettive sui propri alunni, se vogliono accedere a questo (ancorché miserrimo) fondo di incentivazione. Il vulnus alla libertà di pensiero e d’insegnamento è gravissimo, così come gravissimo è il danno al pluralismo e alla libertà di apprendimento. Uno studente non è libero di apprendere se non in una situazione di pluralismo, in cui i suoi insegnanti siano liberi di istruirlo, educarlo e valutarlo secondo i dettami della propria coscienza professionale e personale. In ultimo il fatto che i 200 milioni previsti per il fondo ‘premiale’ non risultano stanziati ‘ex novo’, andando a gravare sul già esiguo fondo di istituto, che – detratto il quantum per riscattare gli scatti d’anzianità vergognosamente ‘congelati’, si ridurrebbe all’inezia di circa 50 milioni di euro per 8.400 istituti.

VIII) Art. 13, comma 4 del DDL: sostituisce l’articolo 11 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, modificando il Comitato per la valutazione dei Docenti (precedentemente costituito da due o quattro Docenti presieduti dal Preside), ed inserendo nel medesimo due genitori (o un genitore e uno studente «per il secondo ciclo d’istruzione»). Viene architettato un sistema di valutazione in cui la componente docente è numericamente paritetica alla componente genitoriale/studentesca. In tal modo il Docente si troverebbe ad esser valutato da chi non ha le sue stesse competenze didattiche né professionali. Un po’ come se si pretendesse che un medico fosse “valutato” da un collegio composto da due medici e da due pazienti (che facciano tutt’altro mestiere); o che un avvocato fosse “valutato” da due avvocati e da due assistiti; o che un magistrato fosse valutato da due magistrati e da due imputati; e così via.

IX) Art. 18 del DDL: con il meccanismo dello school-bonus prevede minori entrate fiscali per più di sessanta milioni di euro dal 2016 al 2020 (art. 18, comma 6). Eppure sarebbe meglio investire quei fondi nella Scuola Statale, anziché regalarli agli investitori privati. Tanto più che costoro verrebbero premiati anche se finanziassero le scuole private (art. 18, comma 1: «investimenti in favore di tutti gli istituti del sistema nazionale di istruzione»): in tal caso lo school-bonus produrrebbe perfino un indiscutibile onere a carico dello Stato, trasgredendo ancora una volta la Costituzione al terzo comma dell’art. 33 («Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato»). Anche questo articolo, indirettamente, ridurrà autonomia e democrazia all’interno delle Scuole Statali, sempre più impoverite dalla riduzione dei finanziamenti pubblici e, di conseguenza, costrette alla fedeltà nei confronti dei privati finanziatori.

X) Art. 23 del DDL (Delega al Governo in materia di sistema nazionale di istruzione e formazione): esautora il Parlamento in materia d’istruzione. A ciò mirano infatti le dieci deleghe in bianco, su dieci differenti ambiti. Deleghe così numerose ed ampie permettono al Governo di demolire la Scuola, per ricostruirla a proprio piacimento.

XI) Art. 24 (Deroghe), comma 1 del DDL: “l’intero apparato normativo attuativo sia adottato in assenza del parere dell’organo collegiale consultivo nazionale della scuola”: ovvero senza chiedere il giudizio del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione appena rieletto. È questo il comportamento di un Governo “democratico”? È democratico ignorare volontariamente i Decreti Delegati? Sarebbe costituzionale un tale conflitto palese fra due previsioni normative in contrasto?

XII) Art. 24, comma 5 del DDL: “Le norme della presente legge sono inderogabili e le norme e le procedure contenute nei contratti collettivi, contrastanti con quanto previsto dalla presente legge, sono inefficaci”. Se ne deduce che i prossimi contratti dovranno semplicemente confermare questo modello autoritario di Scuola e ratificare norme contrattuali coerenti con la legge. Ciò vanificherà il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, indebolendo progressivamente gli stipendi, impoverendo i Docenti e rendendoli remissivi e ricattabili.

Il mondo della Scuola non ha dubbi: il DDL 2994 è inemendabile, e va ritirato in toto, perché ispirato da logiche autoritarie, antitetiche rispetto alle più elementari norme della democrazia.

Alvaro Belardinelli
(membro dell’Esecutivo Nazionale dell’Unicobas)

DOCUMENTO N. 3

Atto Senato n. 1934
ASSUNZIONI E ORGANICO FUNZIONALE



In riferimento all’A.S. n. 1934, avente per oggetto la “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti”, approvato dalla Camera dei Deputati in data 20 Maggio 2015, si rileva quanto segue:

Il provvedimento, anche dopo l’esame della Camera, presenta una serie di criticità che interessano l’impianto generale del testo e mettono in seria discussione la possibilità di modificarlo anche mediante un’attenta e puntuale attività emendativa: riteniamo pertanto che debba essere ritirato.

La legge in esame interviene su diverse materie che riguardano da un lato l’organizzazione, la didattica, il finanziamento delle singole istituzioni scolastiche dall’altra i poteri e le funzioni dei dirigenti scolastici, le modalità di assegnazione degli organici alle scuole, la valutazione dei dirigenti e quella dei docenti. Le novità introdotte su tali materie vanno nella direzione di stravolgere e compromettere le delicate dinamiche della vita scolastica, alimentando conflittualità e minando alle fondamenta l’equilibrio nelle relazioni tra le diverse componenti della scuola: insegnanti, studenti, genitori, dirigente scolastico, a scapito di un clima disteso, collaborativo, collegiale necessario al buon funzionamento delle istituzioni scolastiche.

In aggiunta a ciò l’articolo 22 prevede il conferimento al governo di un’ampia gamma di deleghe su questioni di rilevante importanza, come addirittura la redazione di un nuovo Testo Unico sullo stato giuridico e disciplinare della scuola che sostituisca l’attuale, senza indicare con chiarezza le intenzioni e i criteri che dovrebbero orientare il governo nell’attività ad esso delegata.

Il Testo Unico della scuola, cioè il Dlgo 297/1994, recante “Disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione” interessa campi assai complessi e delicati: l’intero sistema scolastico nelle sue articolazioni dei diversi gradi di istruzione, dalla scuola dell’infanzia alle scuole secondarie; gli organi collegiali; il personale della scuola e quindi la mobilità dei docenti, i congedi e le aspettative, le sanzioni disciplinari, la cessazione del servizio, la valutazione e i diritti sindacali di tutto il personale scolastico.

È per questo che riteniamo doveroso da parte del Senato permettere che attorno a tali argomenti si avvii un costruttivo dibattito fuori e dentro le istituzioni che rispetti i tempi e le modalità previste dalla nostra Costituzione senza le forzature o le brusche accelerazioni dell’iter parlamentare a cui purtroppo ci hanno già abituato i governi che vi hanno preceduti. A titolo di esempio, ricordiamo la proposta di legge n. 953 del 2012, meglio nota come ‘mini riforma Aprea’ (l’editio minor della legge già presentata dalla deputata di Forza Italia nel 2008), per la quale, sotto il governo Monti, era stato previsto un iter legislativo abbreviato, cioè l’esame in sede legislativa, senza passare attraverso l’Aula, per garantirne l’approvazione in tempi stretti, nel chiuso della VII Commissione. È proprio di questi atteggiamenti che il mondo della scuola è stanco e pretende che all’istruzione pubblica venga restituita l’attenzione e la dignità che merita e cioè sia trattata al pari delle altre istituzioni dello stato.

Le numerose assemblee che si continuano a svolgere sui territori, le iniziative di mobilitazione culminate negli scioperi e nelle manifestazioni degli ultimi mesi che hanno ottenuto uno sconvolgente numero di adesioni (il 5 maggio si è realizzato il più grande sciopero della scuola nella storia del Paese, con la partecipazione di più del 70% del personale scolastico) nonché il grande consenso che la categoria degli insegnanti sta dimostrando nei confronti dell’indizione del blocco degli scrutini, rappresentano l’incontrovertibile testimonianza del coro unanime con cui viene chiesto al Governo di stralciare dal provvedimento gli articoli riguardanti il piano straordinario di assunzioni dei precari e di non procedere col resto del provvedimento. La costituzione di un organico dell’autonomia per effettuare le assunzioni non è necessariamente legato ai contenuti dell’intero provvedimento, a meno che dietro queste scelte non si celi l’intenzione di subordinare l’assunzione dei precari ad uno stravolgimento del contratto di lavoro degli insegnanti, non solo con la rinuncia definitiva ai diritti faticosamente acquisiti dai precari dopo anni di sacrifici.

ASSUNZIONI


Il piano straordinario di assunzioni dei precari previsto dalla legge in esame infatti è sicuramente un’iniziativa apprezzata e condivisa dal mondo della scuola oltre che doverosa e improcrastinabile ed è richiesta peraltro dalla Corte di giustizia europea che attraverso la sentenza dello scorso autunno ha condannato l’Italia per il mancato rispetto della normativa comunitaria volta a contrastare gli abusi dei contratti a termine (direttiva 99/70/CE).

Non è una concessione quindi, ma un atto dovuto e per giunta tardivo, inadeguato e riduttivo.

È tardivo perché arriva dopo quasi dieci anni da quando, nel 2007 i docenti precari oggi inseriti nelle GAE avevano ottenuto la garanzia della stabilizzazione entro tre anni, grazie alla trasformazione delle graduatorie permanenti in graduatorie ad esaurimento e grazie al piano triennale, mai più realizzato, che l’allora governo Prodi inserì nella finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 27 dicembre 2006 art. 1 comma 605 lettera c) e che prevedeva la stabilizzazione di 150mila insegnanti. I precari a cui è rivolto questo piano di stabilizzazione quindi non sono insegnanti improvvisati e mai selezionati, come qualche esponente dell’attuale governo sta dando ad intendere all’opinione pubblica. Al contrario sono docenti che hanno superato più concorsi o prove selettive con valore concorsuale; sono gli abilitati attraverso le SSIS, ad esempio, che hanno sostenuto prove di ingresso, frequentato per due anni corsi sia di didattica delle discipline sia di area socio-psico-pedagogica, che hanno effettuato il tirocinio nelle scuole pubbliche e hanno concluso il percorso superando un esame finale che possiede, ai sensi della legge n. 306/2000, art. 6-ter, valore concorsuale. Se ad oggi non hanno ancora ottenuto un posto stabile nella scuola non è certo a causa di una propria responsabilità, ma esclusivamente per il regime di tagli agli organici della scuola che si è protratto da oramai quasi un decennio.

Questo piano di assunzioni è comunque inadeguato perché non offre una soluzione accettabile per molti docenti delle GAE da esso esclusi (almeno 23.000 insegnanti della scuola dell’infanzia), per i docenti abilitati attraverso TFA e PAS e per tutti gli altri insegnanti inclusi nella seconda fascia delle graduatorie di istituto che da anni hanno messo la loro professionalità a servizio della scuola pubblica e hanno maturato anch’essi il diritto alla stabilizzazione lavorativa. La modifica dell’attuale normativa sul reclutamento degli insegnanti (artt. 399 e 400 del decreto legislativo 297/1994), prevista dall’art. 10 della presente legge, non può essere giustificata, tantomeno prima del completo assorbimento dell’attuale precariato scolastico.

Non è lo spirito di conservazione o un presunto ‘corporativismo’ che ci spinge a queste considerazioni: cambiare si può e si deve, ma non certo prima di aver fatto i conti con il passato.

Il piano di assunzioni in esame è riduttivo perché a conti fatti l’incremento di organico previsto non è assolutamente sufficiente ad operare una necessaria riqualificazione del nostro sistema di istruzione, falcidiato da anni di tagli agli organici. A partire dalla legge 133/2008, la famigerata finanziaria di Tremonti, infatti sono stati sottratti alla scuola, nei soli tre anni successivi, cioè fino al 2011, quasi 10 miliardi e oltre 100 mila posti, mai più restituiti. L’incremento di organico previsto da questa legge riguarda meno di 60 mila unità: 8.895 posti di sostegno e 48.812 posti presumibilmente per il potenziamento dell’offerta formativa; nel complesso quindi 57.711 posti in più rispetto all’a.s. 2014/2015. I restanti 42.994 posti previsti dal piano di assunzioni sono determinati dai pensionamenti (18.536) e dalla stabilizzazione su posti già esistenti: le cattedre vacanti e disponibili dei precari con contratti fino al 31 agosto o al 30 giugno, che sono in tutto 24.458 unità. In questo modo verrebbero lasciati fuori dal piano di assunzioni almeno 65.000 precari che ne hanno maturato il diritto esattamente come gli altri, dal momento che sono in possesso di titoli equipollenti ai docenti assunti secondo le previsioni di questo ddl. I dati trovano conferma nel fatto che in tre anni è previsto per questo piano di assunzioni uno stanziamento di poco più di 4 miliardi, quindi meno della metà di quanto tagliato dall’allora ministro Tremonti nei soli primi tre anni di applicazione delle devastanti riforme Gelmini che, con nostra grandissima indignazione, la legge oggi all’esame del Senato non intende abrogare. Bisogna notare poi che le cifre indicate non trovano neanche riscontro nel DEF che prevede per i prossimi anni una forte diminuzione della spesa complessiva per l’istruzione nel nostro Paese.

Riteniamo quindi necessaria la definizione di un incremento degli organici della scuola volto alla riqualificazione del nostro sistema di istruzione. Tale incremento deve essere basato sui seguenti criteri: rispettare le norme sulla sicurezza nella formazione delle classi, evitando a tutti i costi la formazioni di classi sovraffollate; nella scuola primaria soddisfare la domanda di tempo pieno delle famiglie, ripristinando le compresenze e l’articolazione genuinamente modulare della didattica, fiore all’occhiello del nostro sistema di istruzione in ambito internazionale; nelle scuole secondarie si dovranno rivedere i quadri orario riformati dalla Gelmini e incrementare le ore di insegnamento delle materie che hanno subito riduzioni (il latino, l’italiano, la storia dell’arte ecc.) o antididattici accorpamenti disciplinari (cfr. la geo-storia!); prevedere una deroga alla riconduzione forzata a 18 ore delle cattedre lì dove essa renda impossibile la continuità didattica, comporti la formazione di cattedre eccessivamente frammentarie, comprometta l’omogeneità dei consigli di classe.

Non basta che alcuni di questi obiettivi (la rimodulazione del monte orario rispetto a quanto stabilito dal DPR 89/2009 - la riforma Gelmini del primo ciclo di istruzione - la riduzione del numero degli alunni per classe, il potenziamento delle competenze linguistiche e delle attività laboratoriali, etc.) siano stati individuati tra le priorità cui destinare le risorse per il potenziamento dell’offerta formativa delle singole istituzioni scolastiche (art. 2, c.3), riteniamo che essi debbano essere definiti a livello nazionale come irrinunciabili e per questo garantiti. In caso contrario si rischia di compromettere l’omogeneità dell’offerta formativa delle nostre scuole e la garanzia di un’istruzione di qualità per tutti i nostri studenti.

Soltanto dopo aver definito gli organici della scuola in base ai criteri sopra indicati, ogni istituzione scolastica avrà a disposizione una quantità di docenti sufficiente a garantire il corretto svolgimento delle attività didattiche e un adeguato contingente di insegnanti per le attività di potenziamento dell’offerta formativa.

Una delle questioni più controverse dell’intero provvedimento è senza dubbio legata alle modalità con cui si intende assumere gli insegnanti precari e cioè il ruolo regionale che questa legge assegna al personale docente, la costituzione degli ambiti territoriali in cui i neo-assunti dovranno iscriversi e le modalità di assegnazione degli insegnanti alle singole istituzioni scolastiche (art. 8 e 9).

Oggi infatti esistono delle graduatorie di merito, le graduatorie dei concorsi, le graduatorie ad esaurimento, le graduatorie di istituto che regolamentano l’assegnazione degli incarichi e la permanenza di un insegnante in un istituto. In queste graduatorie ciascun docente occupa una posizione e ha un punteggio derivante prioritariamente dai titoli posseduti e dagli anni di servizio prestato. Le graduatorie costituiscono la sola garanzia del rispetto di principi di merito nell’assegnazione degli incarichi e dei diritti acquisiti dal personale scolastico. Risulta pertanto inaccettabile il loro accantonamento in favore della possibilità del dirigente scolastico di effettuare scelte senza la garanzia di imparzialità e dell’oggettività dei criteri adottati.

Sono poi inaccettabili perché del tutto discrezionali le modalità attraverso cui i dirigenti effettueranno la loro scelta: all’art. 9 c. 2 si precisa che i docenti si potranno (sic!) candidare e i dirigenti potranno (senza averne neppure l’obbligo) effettuare colloqui; si introduce (al c. 3) la valorizzazione del curriculum, delle competenze professionali ecc., salvo poi consentire al dirigente di utilizzare i docenti in classi di concorso diverse da quelle per le quali sono abilitati. Insomma l’unica regola che vige nei nuovi meccanismi di reclutamento che si vogliono introdurre è l’arbitrarietà e non intendiamo accettare le possibili derive clientelari o discriminazioni di natura personale e ideologica a cui una tale prassi può dare vita, compromettendo inevitabilmente la libertà d’insegnamento.

Certo la responsabilità personale del dirigente scolastico non può costituire in alcun modo una garanzia della legittimità della sua scelta. L’assenza totale di criteri e figure terze di riferimento è giuridicamente inaccettabile.

L’ORGANICO FUNZIONALE COME AVREBBE DOVUTO ESSERE.

INACCETTABILE LA PERDITA DI TITOLARITÀ SULL’ISTITUTO


Di per sé l’istituzione dell’organico dell’autonomia risulta una scelta condivisibile perché permette di cancellare finalmente la distinzione tra organico di fatto e organico di diritto e di prevedere un incremento di organico da destinare al potenziamento dell’offerta formativa, tuttavia l’istituzione del ruolo regionale, la costituzione delle reti di scuole e la triennalizzazione dell’incarico di docenza, rinnovabile dal dirigente scolastico (non si sa secondo quali criteri), condanneranno di fatto il personale scolastico alla perdita della titolarità nel proprio istituto e ad una flessibilità selvaggia, nell’ambito della provincia prima e della regione poi. Una prospettiva peraltro estesa a tutti i docenti che, da anni titolari in un istituto, si venissero a trovare nella necessità di chiedere il trasferimento o nella condizione di esubero. All’art. 8, c. 9 infatti si precisa che, entro centoventi giorni dall’entrata in vigore della presente legge, il MIUR dovrà emanare apposite linee guida per la “definizione degli accordi di rete”. E il c. 10 dello stesso articolo prevede che tali accordi indicheranno anche “i criteri e le modalità per l’utilizzo dei docenti nella rete”. È evidente che queste disposizioni comporteranno l’utilizzo degli insegnanti come tappabuchi tuttofare nelle diverse istituzioni scolastiche del territorio di riferimento.

L’organico funzionale (o dell’autonomia che dir si voglia) avrebbe avuto un senso invece qualora fosse stato definito prevedendo un contingente aggiuntivo di personale in ogni ordine e grado di scuola, ad utilizzo esclusivo del singolo istituto, in misura tale da coprire le supplenze brevi e poter disporre anche, nella singola scuola, di docenti impegnati per il miglioramento dell’offerta formativa, con corsi di recupero e/o laboratori mirati all’arricchimento ed all’individualizzazione degli interventi didattici sia curricolari che extra-curricolari. L’organico funzionale non può far da pretesto per eliminare la titolarità di istituto per i docenti, futuri neo-assunti, e progressivamente anche per quelli già stabilmente in organico. I docenti non possono diventare gli unici lavoratori pubblici a perdere il diritto ad un posto di lavoro stabile e alle graduatorie che lo garantiscono. Si creerebbe una disparità di trattamento assolutamente anticostituzionale (a maggior ragione se si considera che il personale ata conserverebbe invece la titolarità!) e si sancirebbe in via definitiva l’impossibilità di garantire la continuità didattica agli alunni.

La legge non chiarisce poi a chi verranno conferiti gli incarichi di supplenza per periodi superiori ai dieci giorni, dal momento che la prima fascia delle graduatorie di istituto perderà la sua efficacia a partire dall’a.s. 2016/2017(art. 10 c. 11) e rimane nel testo quella norma odiosa secondo la quale agli insegnanti inseriti nelle altre fasce già destinatari di contratti a termine della durata di trentasei mesi non potranno essere conferiti altri incarichi a tempo determinato (art. 14); per tale personale è previsto solo un risarcimento in denaro attraverso un fondo istituito allo scopo (art. 14, c. 2). Si permette in questo modo di aggirare una sentenza di condanna contro gli abusi sui contratti a termine e legittimare, con disarmante disinvoltura, una pratica “usa e getta” nell’utilizzo dei precari della scuola.

CENNI SULLA ‘VALUTAZIONE’ DEI DOCENTI

Un'altra questione affrontata con inaccettabile superficialità nella presente legge è la valutazione dei docenti. Viene infatti istituito un comitato di valutazione (art. 13, c. 4) presieduto dal dirigente scolastico e composto da due docenti e da due rappresentanti dei genitori, nella scuola dell’infanzia e nel primo ciclo di istruzione, da un rappresentante dei genitori e uno degli studenti nel secondo ciclo. La partecipazione alla valutazione dei docenti estesa ai genitori e agli studenti è una scelta irresponsabile, inapplicabile e nociva in quanto ingenera una pericolosa confusione di ruoli che mina il delicato compito degli insegnanti e il rapporto insegnamento-apprendimento; sembra peraltro dettata dall’esplicita intenzione di mortificare la professionalità dei docenti facendoli passare per una categoria di lavoratori le cui competenze didattico-disciplinari e socio-psico-pedagogiche possono essere criticate e messe in discussione da chiunque, senza la necessità di istituire un apposito profilo professionale debitamente formato.

LE MODIFICHE NON SANANO IL DEFICIT DI SPESA


Nel corso dell’esame alla Camera sono stati approvati alcuni emendamenti che non modificano nella sostanza l’impianto generale del provvedimento. Il più importante di essi è sicuramente la rinuncia alla possibilità di finanziare le singole istituzioni scolastiche attraverso la quota del cinque per mille delle imposte; misura che avrebbe inevitabilmente compromesso l’omogeneità del nostro sistema di istruzione nazionale, a discapito ovviamente delle realtà territoriali e sociali più deboli.


Dobbiamo costatare infine che alcune questioni di improrogabile urgenza sono completamente eluse dal provvedimento. La legge non prevede infatti un progressivo incremento dei fondi per l’istruzione in termini di percentuale di PIL. Siamo tra i paesi europei che spendono meno per il settore istruzione. Nel 2014 abbiamo speso complessivamente il 4,6% (3,9, se si esclude la scuola dell’infanzia comunale) del PIL mentre la media europea risulta intorno al 6%. Non solo, ma secondo le stime del DEF recentemente approvato, questo dato è drammaticamente destinato ad un andamento decrescente per circa un quindicennio: si passerà così dal 3,7% del 2015, al 3,5% del 2020, al 3,4% del 2025, al 3,3% del 2030, sino al 2035.

La legge non prevede neppure lo stanziamento di appositi fondi da destinarsi all’adeguamento delle retribuzioni degli insegnanti alla media europea. Risulta infatti evidente come anche questo governo non abbia intenzione di affrontare la questione delle retribuzioni degli insegnanti, nemmeno in considerazione del mancato rinnovo del contratto dal 2006 e dell’inesorabile perdita di potere d’acquisto a cui gli stipendi degli insegnanti sono stati condannati da oltre vent’anni.

M. Letizia Bosco
(Responsabile settore Precari dell’Unicobas)

DOCUMENTO N. 4

INAUDITO SOTTRARRE FONDI ALL’ISTRUZIONE PUBBLICA PER FINANZIARE DIPLOMIFICI DOVE NON SI CONTROLLA LA FREQUENZA E NON SI RETRIBUISCONO I DOCENTIIl LIBRO NERO della scuola italiana

Un libro inchiesta che fa riflettere sull’illegalità nell’istruzione italiana (pubblica e privata) e le pressioni della Cei, Compagnia delle Opere, Opus Dei per la completa parità scolastica delle scuole religiose.

di Paolo Latella

Link del Libro scaricabile gratuitamente in PDF:

http://www.webalice.it/paolo.latella/libronero_latella.pdf

Sono passati quasi due anni da quando inviai al Ministro Maria Chiara Carrozza il dossier “La scuola paritaria: un business tutto italiano e la cartina della vergogna”. Quel documento “scomodo” ha avuto il pregio di rendere pubblica (L’Espresso, Micromega, Il Fatto Quotidiano, Repubblica, L’Unità, Radio Radicale, Storie di Rai2 e molte testate giornalistiche locali come L’Attacco di Foggia) la cartina della vergogna italiana contenente le segnalazioni dei docenti che vivono (o che hanno vissuto) situazioni al limite dello schiavismo, senza retribuzione o solo con rimborsi spese. Il sindacato Unicobas Scuola di cui faccio parte, ha nel proprio DNA la difesa della legalità ed è contrario al finanziamento delle scuole paritarie. Siamo per una scuola pubblica laica statale di qualità, lo abbiamo manifestato a Roma davanti al Ministero della pubblica Istruzione il 14 luglio e il 17 settembre. Del Dossier pubblicato nel 2013 se ne è occupata la redazione del TG2 con il giornalista Giammarco Sicuro. Ecco il link: Intervista RAI Tg2 “Storie” al prof. Paolo Latella sulle scuole paritarie illegali http://youtu.be/g-ul7QtAqQc

Del dossier pubblicato nel 2013 hanno scritto i giornalisti Antonio Siragusa, Marina Boscaino, Claudia Pepe, Salvo Intravaia, Corrado Zunino, Mariella Gerardi, il filosofo Giorgio Morale, Maria Mantello e l’Associazione Giordano Bruno. In molti lo hanno condiviso sui social networks. Anche alcune testate giornalistiche straniere hanno contattato la segreteria regionale Lombardia del sindacato Unicobas Scuola a Lodi. I dati dimostrano l’incapacità della politica italiana di fermare questo mercato degli schiavi (a volte consenzienti), neo laureati che non vengono pagati o retribuiti con al massimo cinque euro all’ora, in cambio dei punti per scalare le graduatorie nelle scuole pubbliche, partecipare ai corsi abilitanti e insegnare nella scuola statale. I due ministri dell’Istruzione che negli ultimi anni si sono succeduti, Maria Chiara Carrozza del Partito Democratico e l’attuale Stefania Giannini ex segretaria nazionale del partito Scelta Civica ,non hanno praticamente fatto nulla per arginare l’illegalità diffusa presente in moltissime scuole paritarie religiose e private. Hanno ricevuto il dossier, lo hanno letto ma nulla è cambiato. Il Movimento Cinque Stelle, con Gianluca Vacca, Silvia Chimienti e Luigi Gallo. Nel 2014 Hanno presentato due proposte di legge la prima con Gianluca Vacca come primo firmatario: “Disposizioni concernenti la disciplina e il funzionamento delle istituzioni scolastiche paritarie e introduzione di nuovi criteri per la relativa ammissione agli esami di maturità”.http://www.camera.it/_dati/leg17/lavori/stampati/pdf/17PDL0021930.pdf

La seconda con Silvia Chimienti come prima firmataria: “Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul funzionamento delle scuole paritarie e sulla condizione dei docenti in esse impiegati”

http://www.camera.it/_dati/leg17/lavori/documentiparlamentari/IndiceETesti/022/032/INTERO.pdf

Una domanda però è doveroso porcela, perché le altre forze politiche non sono intervenute? Ricordo che a gennaio 2014 quando fu pubblicata la notizia delle minacce ricevute, mi telefonarono da tutta Italia, amici del sindacato Unicobas Scuola, colleghi insegnanti, giornalisti anche stranieri ma nessuna telefonata né email dal Partito Democratico, da Forza Italia, dal Nuovo Centro Destra, dalla Lega Nord, da Scelta Civica.

Insomma mettiamola così… c’è la paura di esporsi. In questi anni sono emersi troppi interessi economici intorno ai diplomifici e ai contributi statali legalizzati dalla Legge 62/2000 firmata da Luigi Berlinguer e si sa dove c’è il business c’è la politica. Si perché oltre ai contributi diretti, le scuole paritarie religiose e private ricevono altri contributi direttamente dai comuni e dalle regioni sotto forma di progetti presentati.

Questo libro contiene le nuove storie raccontate dai docenti di tutta Italia, i comunicati stampa delle inchieste più rilevanti degli ultimi anni accertate dalle Procure della Repubblica, ente investigatore ed accertatore la Guardia di Finanza.

Il dott. Simone Carella descrive l’attività parlamentare del M5S in merito alla questione delle scuole paritarie illegali, unica forza politica che realmente si è impegnata presentando proposte di legge per combattere la piaga dell’illegalità che sta dilagando in tutta Italia.

Una parte corposa del libro è dedicata all’’analisi sulle strategie messe in atto da parte di personalità importanti della Chiesa cattolica che hanno come obiettivo il raggiungimento definitivo della parità scolastica definendo il costo standard per ogni studente ed avviare quel processo di distruzione della scuola pubblica laica statale, trasferendo alle scuole paritarie cattoliche le stesse cifre che vengono inviate alle statali, garantendo il fondo d’istituto e il pagamento degli insegnanti oltre a quelli di religione, mantenendo inoltre le rette da far pagare alle famiglie. Nel libro si presentano le associazioni religiose che rappresentano gli interessi della Cei, dell’Opus Dei, della Compagnia delle Opere. In Regione Lombardia e a Roma alla Camera dei Deputati, tutto alla luce del sole, senza nessuna illegalità apparente, si convocano riunioni, commissioni con scadenze bimestrali, coinvolgono nel progetto, politici, assessori regionali, presidenti di associazioni religiose tutti insieme per impadronirsi dell’istruzione statale camuffandola come “libera scelta “per le famiglie... Questo è, di fatto, un altro business su cui CL vuole acquisire il predominio assoluto. Ma nulla è scontato perché in Vaticano pare che ci sia “Qualcuno” in disaccordo su questa “crociata” contro la scuola statale. Analizzeremo la lettera (discorso) del Santo Padre che spiazza un po’ le sfere alte del Vaticano, stiamo parlando del documento che Papa Francesco ha letto nella giornata dedicata alla scuola, in Piazza San Pietro il 10 maggio scorso. Per questa parte il prof Vincenzo Pascuzzi ha collaborato alla ricerca della documentazione.

Nel Libro Nero c’è anche un capitolo dedicato alla “chiamata diretta” dei docenti formatori nei centri professionali lombardi, la denuncia di come vengono sfruttati con compensi da fame e pagamenti anche a 180 e 360 giorni. Ha collaborato nella definizione di questo capitolo il prof. Filippo Novello grande esperto di istruzione e formazione sia statale che nella formazione professionale regionale lombarda. Faremo il punto sugli Uffici Scolastici Regionali, segnalando quali a tutt’oggi ,non hanno pubblicato sul proprio sito istituzionale ,nè inviato ,l’elenco delle strutture scolastiche pubbliche e private che hanno perso la parità scolastica per l’anno scolastico 2014-2015 (decreto di diniego).

Il giornalista pugliese Giuseppe Fabio Ciccomascolo, che scrive su “L’Attacco”, in esclusiva, ci racconta tutta l’inchiesta “Zero in condotta”: lo scandalo degli insegnanti senza titolo partito da Lesina in provincia di Foggia.

La prof.ssa Olga Bernabini, una collega di Roma, ci presenta un altro lato oscuro della “mala” scuola, lo spaccato di un’altra illegalità diffusa, quella dello scandalo delle certificazioni post laurea con testimonianze dirette che puntano il dito su alti dirigenti del Miur.

Infine chiuderemo il libro con un commento di Deborah Boniardi, una madre che ha due figli che frequentano le scuole in provincia di Milano, sui “buoni” e “cattivi” insegnanti, una voce fuori dal coro, senza peli sulla lingua che esprime un giudizio in difesa degli studenti.

Paolo Latella
(Membro dell’Esecutivo Nazionale dell’Unicobas Scuola)


DOCUMENTO N. 5

LA SCUOLA CHE VOGLIAMO

Volendo avviare una riflessione sul futuro della scuola italiana, crediamo sia necessario partire dalla consapevolezza che per migliorare la qualità dell’istruzione non si possa prescindere dalla riqualificazione del personale che opera all’interno delle istituzioni scolastiche. Detto questo, ecco le nostre proposte.

Una riforma dell’organizzazione scolastica e l’istituzione di un’area contrattuale specifica per il comparto della scuola, di cui si indicano di seguito i capisaldi ispiratori:

- istituzione di un Consiglio superiore della docenza come organo di autogoverno e di garanzia della deontologia professionale dei docenti, formato da insegnanti eletti su base nazionale e regionale che abbiano il compito di definire gli standard professionali attraverso l’individuazione di meccanismi volti al monitoraggio dell’efficacia dell’insegnamento e della valorizzazione del merito, di sovrintendere alla formazione iniziale e in itinere dei colleghi, (anno sabatico), di intervenire sulle norme di accesso all’insegnamento, di gestire l’albo professionale e l’ambito disciplinare, di statuire e far rispettare il codice deontologico professionale;

- riconoscimento del ruolo professionale dei docenti e del contributo del resto del personale ATA. Per gli insegnanti. attraverso il ruolo unico docente (parificazione retributive e dell’orario) e l’individuazione di un’area contrattuale per la scuola fuori dai dettami del Dl 29/1993, che ne valorizzi la specificità nei confronti del pubblico impiego e adegui le retribuzioni alla media europea;

- potenziamento e rilancio delle funzioni degli organi collegiali, in opposizione alla trasformazione della scuola in fondazioni gestite da consigli di amministrazione presieduti dal dirigente, con l’assegnazione discrezionale allo stesso dell’ambito valutativo della professionalità dei docenti ed Ata, nonché del titolo ad assumere direttamente il personale;

- creazione di una carriera per i docenti di ogni ordine e grado che preveda la possibilità di operare,a metà carriera, all’interno degli Atenei ai fini della formazione di base dei nuovi insegnanti;

- abilitazione come requisito minimo per l’insegnamento e eliminazione della terza fascia GI: quello del docente è un lavoro ad altissimo tasso di responsabilità, manipolare delle menti in fase di crescita implica una doverosa preparazione;

- preside elettivo.

Il progetto di riformasi basa sulle seguenti istanze valide per le scuole di ogni ordine e grado:

- limitazione del numero degli alunni per classe ad un massimo di24 sull’organico di fatto e 20 in presenza di un alunno diversamente abile;

- garanzia del rapporto 4 a 1 tra insegnanti di sostegno e alunni diversamente abili;

- la presenza di almeno un mediatore culturale per la facilitazione dell’integrazione di studenti stranieri;

- seconda lingua obbligatoria: nel caso della scuola primaria, di quella secondaria di primo grado e delle scuole secondarie di secondo grado come Istituti Tecnici e Professionali dove deve essere una lingua comunitaria; per quel che concerne i licei la scelta è libera;

- trasformazione dell’ora di religione in un corso di Storia delle Religioni da praticarsi una sola ora a settimana in tutte le scuole di ogni ordine e grado;

- creazione di laboratori anche non strettamente curriculari, dei quali lo studente deve sceglierne obbligatoriamente almeno due, destinati a classi aperte, nel caso della scuola primaria e secondaria di primo grado anche per “età mentali”;

- aprire le strutture scolastiche al territorio e favorire la fruizione gratuita dei laboratori, delle biblioteche e degli impianti sportivi. Per una scuola come centro d’aggregazione territoriale e di integrazione.

SCUOLA DELL’INFANZIA

- introduzione di principi pedagogici basati sulle intuizioni dei più importanti pedagogisti italiani e stranieri con particolare attenzione a Maria Montessori, alle sorelle Rosa e Carolina Agazzi, a Tina Tomasi e Lamberto Borghi, a Friedrich Froebel e Freinet;

- estensione dell’obbligo scolastico all’ultimo annodi scuola dell’infanzia (5 anni di età).

SCUOLA PRIMARIA

- ritorno alla suddivisione della scuola primaria in 2 cicli: 1° ciclo (dalla prima alla seconda classe) 2° ciclo: (dalla terza alla quinta classe);

- completa e coerente attuazione del tempo pieno, abrogazione del cosiddetto“maestro unico” o “prevalente” e ripristino dell’insegnamento modulare basato sulla divisione in due aree prevalenti (linguistico-espressiva e logico-matematica) con l’affidamento di alcune altre discipline specifiche (ed. motoria, ed. musicale, lingue straniere, informatica, storia delle religioni)ad insegnanti con titoli e competenze inerenti;

- introduzione dello studio di due lingue straniere comunitarie e del linguaggio musicale;

- ritorno al programma ministeriale di Storia come prima della riforma Moratti e ritorno al curricolo ciclico, cfr. programmi per la scuola primaria del 1985;

- avvicinamento ai linguaggi informatici e multimediali;

- eliminazione dei moduli “a scavalco” o verticali:

- per l’ultimo anno di scuola primaria si prevede la suddivisione dell’orario scolastico tra insegnanti di scuola primaria e scuola secondaria di primo grado,così da facilitare il passaggio dei bambini ad un sistema pedagogico relativo ad una diversa fase dell’età evolutiva, in parziale analogia con il modello francese;

- ripristino dei giudizi analitici e dell’esame di licenza di scuola primaria.

SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO

- per il primo anno si prevede (come per l’ultimo anno della primaria),la suddivisione dell’orario scolastico tra insegnanti di scuola primaria e secondaria di primo grado per valorizzare gli elementi di continuità del curriculum, in parziale analogia con il modello francese;

- introduzione dello studio del latino fin dalla seconda classe della scuola secondaria di primo grado. Nel momento in cui gli ultimi interventi controriformistici sulle scuole superiori stanno minando fortemente la possibilità degli studenti di qualsiasi tipo di liceo di apprendere proficuamente le strutture linguistiche e i contenuti letterari della cultura latina, si ravvisa invece proprio la necessità di rilanciare lo studio del latino, chiamando l’opinione pubblica a riflettere sulla sua utilità in generale e nel nostro Paese in particolare. Attraverso lo studio del latino si sviluppano esponenzialmente le capacità di apprendimento della sintassi e della semantica della lingua italiana e delle lingue neolatine, si potenziano le abilità logico-deduttive estendibili a tutti i campi del sapere, inclusi naturalmente quelli di ambito scientifico e tecnologico. Viceversa. l’enorme patrimonio storico-artistico del nostro Paese rischia di essere ulteriormente dimenticato e di apparire agli occhi delle future generazioni come qualcosa di “inutile e derelitto", e quindi alieno da sé, laddove invece costituisce una ricchezza culturale ed economica che identifica e contraddistingue l’Italia ed ha sempre orientato i gusti estetici degli altri Paesi europei;

- introduzione di un’area tecnico-pratica e artistico-musicale che si avvalga del supporto di specifici laboratori artigianali ed artistici e che miri allo sviluppo delle competenze e capacità manuali e creative dei ragazzi in raccordo con le esigenze specifiche del territorio, anche in vista dell’orientamento verso le scuole superiori;

- introduzione di un’area laboratoriale curricolare per l’avvicinamento dei ragazzi alla comprensione e decodificazione dei linguaggi “non letterari” cinematografico e teatrale;

- approfondimento della conoscenza e potenziamento delle abilità di utilizzo dei linguaggi informatici e multimediali.

SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO

- innalzamento dell’obbligo scolastico all’effettivo raggiungimento del diploma di scuola secondaria di secondo grado o almeno al raggiungimento di una qualifica professionale, questo per garantire una effettiva scolarizzazione e combattere la dispersione,problema sempre più grave in Italia;

- separazione “dialettica” degli studi della storia e della geografia, ricollocando ciascuna delle due materie nell’ambito della disciplina di competenza tramite l’assegnazione di un monte ore adeguato e di una programmazione comune;

- aumento delle ore disciplinari di italiano: ribadiamo la necessità di un loro incremento a fronte della consapevolezza che agli istituti superiori approdano studenti sempre più deboli nelle capacità di utilizzo della lingua a causa di un generalizzato processo di semplificazione ed essenzializzazione dei codici comunicativi; va inoltre considerato il fatto che è sempre più cospicua la quantità di studenti per i quali l’italiano non è lingua madre;

- studio del diritto come disciplina a sé stante e quale elemento formativo ed interdisciplinare capace di sviluppare la responsabilità e la coscienza del cittadino di appartenere ad una collettività civile e solidale. Tale insegnamento deve essere assegnato ad un docente specializzato nella materia;

- nel caso del Liceo delle Scienze Umane, inserimento dello studio della didattica della lingua italiana come “Lingua 2”;

- PER TUTTI I LICEI
 

Lo studio del latino obbligatorio. A tal proposito si precisa che il percorso liceale deve garantire agli studenti l’accesso, in maniera serena e proficua, a qualsiasi corso universitario di laurea e a tal fine deve prevedere un curriculum di discipline che conferisca una solida formazione di base. Ad esempio,l’istituzione di per sé apprezzabile del liceo coreutico, prevista dalla riforma Gelmini, necessita di un ampliamento dell’offerta formativa per quanto concerne le discipline di cultura generale quali l’italiano, il latino, la matematica, nonché la fisica, la chimica e la biologia;
 

Portare a 3 le ore dedicate alla filosofia per ogni tipo di liceo oltre al Classico, e introduzione di almeno un’ora di Storia della musica e ascolto musicale;

- ISTITUTI TECNICI E PROFESSIONALI

o potenziamento delle attività laboratoriali attraverso l’istituzione di laboratori relativi alle professioni artigianali e artistiche che sviluppino le competenze manuali e creative degli studenti anche in raccordo con il patrimonio e le esigenze del territorio;

o realizzazione di un percorso strutturato di alternanza scuola-lavoro attraverso la formula degli stages, durante gli ultimi due anni di corso, integrati al curricolo e funzionali al raggiungimento degli obiettivi disciplinari, ma che non compromettano la possibilità degli studenti di continuare il loro percorso scolastico anche nella prospettiva del proseguimento degli studi universitari. Per realizzare tale integrazione è necessaria un’attività di forte raccordo con le regioni eil mondo dell’impresa e l’istituzione della figura di un docente tutor a tempo pieno che garantisca la validità didattica del percorso e vigili sul rispetto delle norme di sicurezza e sui diritti (anche sindacali, vedi il diritto di assemblea e di sciopero) degli studenti-lavoratori.

L’Unicobas sostiene la LIP, Legge di Iniziativa Popolare per un’Altrascuola, che ricomprende molte delle proposte qui elencate, in ben altra prospettiva rispetto al ddl-scuola dell’attuale Governo.

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