Precari non abilitati in realtà tutti abilitati...



Quando si parla di docenti di III fascia d'Istituto la prima cosa che viene in mente a chi è del mestiere sono i precari non abilitati. Questa è l'etichetta che da sempre ha contraddistinto i precari inseriti in queste graduatorie di merito. Eppure la loro presunta mancata abilitazione, non gli ha impedito di essere assunti a pieno titolo come insegnanti presso scuole statali e paritarie, di bocciare e promuovere alunni, firmare registri e documenti ufficiali ecc... D'altronde ai possessori dei suddetti titoli lo Stato italiano riconosce, in fase di stipula di leciti contratti di lavoro subordinato, la formale qualifica di “insegnante” ritenuto idoneo allo svolgimento della professione ed in possesso di titolo valido all’esercizio della stessa, esplicitando, inoltre, in conformità al CCNL di categoria, che il mancato possesso di idoneo titolo o dell’idoneità professionale è causa di risoluzione dei contratti stessi. E il DM 56/09 che sancito la periodica riapertura e aggiornamento delle graduatorie dalle quali questi docenti sono chiamati, li ha definiti senza mezzi termini "possessori di titoli validi allo svolgimento della professione docente".

Idonei ma non abilitati, è sempre stata la scusa con cui il Ministero discriminava, sottopagava e sfruttava questi insegnanti impedendone sempre e comunque la stabilizzazione. Alcune scoperte fondamentali in campo giuridico compiute da Adida (Associazione Docenti Invisibili da Abilitare), unico ente legalmente costituito che si occupa della tutela di questa "bizzarra" categoria di lavoratori della scuola, hanno in realtà sfatato per sempre questo mito, trovando prove definitive e schiaccianti che dimostrano come chi è idoneo DEVE essere per forza anche abilitato allo svolgimento della professione.

A stabilirlo in modo inequivocabile è l'art. 33 della Costituzione, il quale esattamente recita che è prescritto un Esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale”. Premesso quindi che non è consentito ai sensi del nostro ordinamento giuridico l'esercizio di una professione regolamenta a personale sprovvisto di regolare abilitazione allo svolgimento della stessa e che quindi è LA COSTITUZIONE STESSA A STABILIRE CHE NON POSSONO ESISTERE IDONEI NON ABILITATI, a ciò va anche aggiunto che l'idoneità all'insegnamento di cui i precari di III fascia sono in possesso è dovuta al possesso di diplomi e lauree acquisiti a seguito di un Esame di Stato conclusivo dei suddetti corsi. E' infatti lo stesso art. 33 a stabilire che i corsi di studi debbano terminare con un Esame di Stato, ma è proprio questo Esame di Stato, necessario anche per l'acquisizione di una qualsiasi abilitazione professionale, che li rende allo stesso tempo abilitati a tutti gli effetti all'insegnamento.

A rafforzare le tesi di Adida vi è anche la direttiva europea 36/05. Essa in sintesi stabilisce che i possessori di titoli validi allo svolgimento di una professione, sono a tutti gli effetti possessori di qualifiche professionali "europee". Questa è l'unica definizione che l'Europa accetta. Non importa quindi che i precari di III fascia siano idonei o abilitati, ai sensi della direttiva, non vi possono essere discriminazioni fra le due tipologie di lavoratori che da un punto di vista giuridico vanno messi sullo stesso piano. A partire dal 2007, anno di recepimento di tale direttiva, al'Italia si è formalmente impegnata a rispettare tali principi.


Non bastasse quanto sopra citato a convincere anche il più incredulo degli scettici, Adida rincara la dose invitando ognuno a riflettere non solo sulla evidente irrazionalità di un sistema che da un lato considera i precari di III fascia idonei e pienamente qualificati allo svolgimento della professione, al punto da affidare loro la responsabilità della classe e della formazione delle generazioni future e al contempo li definisce non abilitati! Tale definizione non solo risulta in contrasto con i precetti contenuti all’art. 97 della Costituzione, che impedisce alle pubbliche amministrazioni di assumere personale inadeguato allo svolgimento della professione, una persona non abilitata risulterebbe infatti non idonea allo svolgimento di una professione, ma è anche rischiosa... Se come previsto dall'articolo 33 della Costituzione è necessario essere in possesso di apposita abilitazione allo svolgimento della professione al fine di poterla esercitare, allora o si dichiarano abilitati all'insegnamento tutti i precari inseriti nella III fascia delle graduatorie d’Istituto, oppure non saranno validi tutti i verbali e registri da essi firmati, con la conseguenza che anche gli esami, gli scrutini, i diplomi conseguiti dagli studenti che abbiano avuto nel loro percorso di studi anche un solo precario non abilitato verrebbero invalidati, e di conseguenza verrebbero invalidate anche eventuali lauree e master conseguiti da quest’ultimi, giacché non è possibile laurearsi se non si è diplomati, non ci si può diplomare se non si ha la licenza media!

Non è tutto, fa sapere Adida, sebbene la reale definizione dei precari di III fascia è quella di "personale in possesso di validi titoli all'insegnamento", e non quella di "precari non abilitati", anche qualora esistessero leggi e decreti che sanciscono chiaramente la mancanza di abilitazione da parte di quest'ultimi, in realtà trovandosi tali norme in evidente contrasto con l'art. 33 e la direttiva 36/05, ossia di norme di rango costituzionale ed europeo e quindi superiori a qualsiasi legge e decreto, esse andrebbero abrogati o disapplicati nel punto esatto in cui stabilissero tale concetto, in quanto illegittimi ed incostituzionali!

Nel far sapere che Adida ha avviato e avvierà nei prossimi mesi iniziative legali e diplomatiche ed è pronta a battersi su tutti i fronti pur di far valere tali principi ed i diritti dei precari di III fascia, essa invita tali soggetti ad unirsi alla sua battaglia per far valere i diritti che essi hanno e che da troppo tempo sono calpestati!


Adida - www.associazioneadida.it

Formazione: un diritto per il lavoratore, un dovere per il datore

Se il lavoratore non è formato la responsabilità è del datore e pertanto egli non può e non deve essere discriminato e sottopagato per eventuali carenze formative dovute all'indisponibilità del datore di allestire un adeguato percorso formativo! A voi un'altra utile scoperta di Adida...

Da sempre una delle scuse con cui i docenti precari di III fascia, vengono discriminati e sottopagati è la mancanza di formazione professionale... tali lavoratori, in possesso di titoli e diplomi definiti ai sensi del DM 56/09 "validi all'insegnamento" e pertanto assunti a pieno titolo come docenti dal Ministero, che li ha ritenuti idonei non solo ad assumersi la piena responsabilità delle classi e della programmazione, ma anche a bocciare e promuovere alunni, firmare documenti ufficiali, nonché svolgere funzioni di commissario d'esame per il quale il nostro ordinamento prevede il possesso di una formale idoneità all'insegnamento! Eppure questi docenti Idonei ed in possesso di titoli validi allo svolgimento della professione sono al contempo definiti dal Miur "Non abilitati all'insegnamento" e "soggetti sprovvisti di adeguata formazione professionale".

Tralasciando l'illogicità disarmante ed evidente che sta dietro ad un ragionamento simile, vogliamo concentrare la nostra attenzione sulla presunta mancanza di abilitazione e quindi di formazione di questi docenti e, per un attimo, considerando che sia perfettamente lecito, ritenere uno stesso individuo idoneo e non abilitato al contempo, provare a stabilire se il trattamento a cui questi precari sono sono soggetti, i quali non solo si vedono impossibilitati alla stabilizzazione, sottopagati e sempre e comunque penalizzati nell'accesso agli incarichi sui quali i precari "abilitati" hanno comunque e sempre precedenza assoluta, siano da considerarsi leciti oppure no.

Ebbene a tale scopo è utile citare la normativa vigente in fatto di formazione del lavoratore ed in particolare i seguenti articoli/leggi/decreti:

dlgs. 368 Art. 7. Formazione
1. Il lavoratore assunto con contratto a tempo determinato dovra' ricevere una formazione sufficiente ed adeguata alle caratteristiche delle mansioni oggetto del contratto, al fine di prevenire rischi specifici connessi alla esecuzione del lavoro.

2. I contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente piu' rappresentativi possono prevedere modalita' e strumenti diretti ad agevolare l'accesso dei lavoratori a tempo determinato ad opportunita' di formazione adeguata, per aumentarne la qualificazione, promuoverne la carriera e migliorarne la mobilita' occupazionale…

Art 35 Cost.: la Repubblica cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori…

d.lgs n. 165/2001
art 1: riconosce espressamente che la disciplina del rapporto di lavoro pubblico deve “realizzare” la migliore utilizzazione delle risorse umane nelle pubbliche amministrazioni, curando la formazione e lo sviluppo professionale dei dipendenti e garantendo pari opportunità ai lavoratori

Art 7 Comma 4: Le amministrazioni pubbliche curano la formazione e l'aggiornamento del personale, ivi compreso quello con qualifiche dirigenziali, garantendo altresi' l'adeguamento dei programmi formativi. al fine di contribuire allo sviluppo della cultura di genere della pubblica amministrazione.

CCNL vigente del comparto scuola: Il docente in servizio ha diritto alla formazione e vi accede di diritto, gratuitamente e le ore dedicate a tale attività sono considerate orario di servizio. Pertanto esse come tali devono essere retribuite, così come devono essere rimborsate anche eventuali spese di viaggio previste per spostarsi presso le sedi dove tale formazione è impartita.

Premesso che a fronte della chiusura dei concorsi a partire dal 1999, fra l'altro in aperta violazione della L. 124/99 che aveva previsto che proprio a partire da quella data fossero banditi con cadenza triennale, e l'istituzione di corsi abilitanti a pagamento e numero chiuso, il cui allestimento era in aperto contrasto del principio di uguaglianza, dei diritti degli studenti lavoratori e di numerosi decreti e leggi, nonché la chiusura definitiva degli stessi avvenuta nel 2007, e quindi la mancanza di qualsiasi canale abilitante da almeno quattro anni a questa parte in Italia, non è sbagliato affermare che se non preclusa del tutto, per questi lavoratori l'accesso alla formazione è stata almeno nell'ultimo decennio subordinata al superamento di un vero e proprio percorso ostacoli e quindi tutt'altro che libera e gratuita... Va poi evidenziato come i riferimenti normativi sopracitati non solo dimostrano come il diritto alla formazione di questi lavoratori sia stato sistematicamente violato, ma come essi pongano lo Stato ed in particolare il MIUR al centro dell'attenzione, in quanto è stabilito che deve essere il datore di lavoro e le Pubbliche Amministrazioni a dover "curare la formazione del lavoratore" e non il contrario... detto altrimenti, non dovevano essere i precari di III fascia, ma il MIIUR a doversi assumere la responsabilità della loro formazione.

Se tale obiettivo non è stato quindi perseguito e raggiunto non si possono che trarre le seguenti conclusioni ed ipotesi:

  1. ciò può essere giustificato con il fatto che in realtà il MIUR ritenesse tali lavoratori adeguatamente formati e preparati, e quindi formalmente abilitati alla professione. Ciò è oltretutto confermato dalla indiscussa idoneità alla professione di questi docenti e dalla definizione che ne da il DM 56/09 secondo il quale essi sono "possessori di titoli validi all'insegnamento";
  2. In ogni caso, anche qualora le competenze professionali dei precari di III fascia risultassero inadeguate, non è giusto ed è illecito che il lavoratore ne paghi le conseguenze fra l'altro salatissime che l'etichetta "non abilitato" ha portato e continua a comportare per questi docenti, fra cui l'esclusione dalle Graduatorie ad Esaurimento e l'impossibilità di essere stabilizzati;
  3. è evidente come il datore, ossia il MIUR, sia in grado di porre in qualsiasi momento rimedio ad una simile eventualità allestendo percorsi ad hoc per l'acquisizione delle competenze che ritiene necessarie essi debbano acquisire ai sensi di quanto stabilito al capo VI del vigente ccnl (ossia percorsi aperti, senza sbarramento, gratuiti ecc...);
  4. se davvero i precari di III fascia non fossero stati abilitati alla professione e quindi risultassero non idonei all'insegnamento (cosa che fra l'altro non è), al fine di prevenire rischi per gli studenti che si trovavano ad avere a che fare con docenti impreparati ed inadeguati (dlgs 368/01 art 7), sarebbe stato compito del MIUR e non del lavoratore prevenire tali rischi provvedendo alla formazione degli stessi;
  5. esistono precari di III fascia con oltre vent'anni di esperienza… risulta chiaro che se essi non hanno ricevuto altra formazione oltre quella di cui erano già in possesso, questo accadeva perché da un punto di vista logico il MIUR li riteneva nei fatti già abilitati;
  6. ciò è una evidente conferma dell'ipocrisia e volontà da parte del Governo e della sua volontà di mantenere tali lavoratori relegati nella III fascia delle Graduatorie d'Istituto, in quanto in tal modo sono “pacificamente sfruttabili”, con la scusa e che non sono abilitati ed evitare così di dover rispettare anche i diritti fondamentali e minimi di cui dovrebbero godere, liquidando qualsiasi loro pretesa e richiesta con l'agghiacciante risposta che in quanto non abilitati essi debbono considerarsi fortunati se comunque sono riusciti comunque a stipulare contratti ed ottenere un impiego seppur a tempo determinato.

In altre parole, ciò che Adida vorrebbe comunicare, è che se per anni, anzi decenni, questi docenti sono stati regolarmente assunti su cattedre annuali e supplenze, senza che si pretendesse da loro una "nuova formazione" in realtà ciò avveniva perché vi era la consapevolezza da parte del MIUR e del Governo che essi erano se non sulla carta, nei fatti abilitati ed idonei all'insegnamento. Anche qualora tutto questo non corrispondesse a verità, data l'esigenza da parte del Governo di utilizzare anche nel futuro tale personale (in quanto le scuole non ne possono fare a meno), allora in tal caso è opportuno che il MIUR organizzi quanto prima corsi abilitanti conformi a quanto previsto dalla trattazione collettiva Nazionale, cioè da quanto stabilito al capo VI del vigente ccnl del comparto scuola... In ogni caso i precari di III fascia NON DEVONO pagare le omissioni del Governo, ma deve essere il Governo a rimediare ai suoi errori formando tali docenti e concedendo loro al contempo quanto gli spetta, ossia l'accesso ad una graduatoria di merito che permetta loro la stabilizzazione e la cessazione immediata dello sfruttamento e discriminazioni cui questi docenti sono da troppo tempo soggetti.

Questo è quanto non solo Adida (Associazione Docenti Invisibili da Abilitare) chiede, ma ritiene spetti di diritto a tutti i precari inseriti nella III fascia delle graduatorie d'Istituto.

Il Direttivo Adida
www.associazioneadida.it

Commenti

Post popolari in questo blog

Gli articoli 33 e 34 della Costituzione

Insegnanti su più scuole. Come decidere la ripartizione degli impegni?

Ha senso chiamarla ancora Italia?