STUDENTI “COPIONI”: INTERROGATIVI INQUIETANTI

La settimana scorsa, i quotidiani hanno dato notizia dei dati raccolti dal sociologo Marcello Dei, professore di sociologia dell’educazione nell’Università di Urbino, pubblicati nel volume «Ragazzi, si copia. A lezione d’imbroglio nelle scuole italiane», edito da il Mulino.
Abbiamo appreso, così, che sarebbe altissimo il numero di studenti dedito a copiare durante i compiti in classe specialmente quando si cimentano (o si dovrebbero cimentare) in matematica, sia nel nord come nel sud, a prescindere dal sesso, dal grado e dalle classi frequentate, dal livello socio-economico, dall’area di residenza.
Appresa la notizia, in tanti si sono chiesti: “Chi non ha mai “imbrogliato” sui banchi di scuola in occasione di un compito in classe. Certo, sarebbe meglio, precisano alcuni, parlare di “raggiro”, di “aiutino”, che sono termini meno esagerati di “imbroglio”. E che male c’è, concludono, se, qualche volta, si chiede un aiutino?”.
Ma se questo “aiutino”, diventa una consuetudine e la consuetudine un difetto, una radiografia di insufficienza? E se, come risulta dall’indagine, gli studenti “copioni”, dopo aver copiato, provano indifferenza o sollievo, ma anche soddisfazione e fierezza, e che solo il 24,4 % dei professori interpellati reputa il gesto “molto condannabile”, si può continuare ad affermare che, tutto sommato, non c’è da meravigliarsi e preoccuparsi?
E se consideriamo, ancora, che la “sbirciatina”, “l’aiutino”, il “confrontarsi con il vicino di banco” delle aule scolastiche, diventa un’abitudine che si trasforma, all’Università, in quotidiana tecnica di “copia e incolla”, chi saranno i “professionisti” di domani? Saranno i tanti politici incapaci di rappresentarci e decisori esclusivamente dei propri interessi, i tanti magistrati che interpreteranno le leggi ad libitum, i tanti medici che sbaglieranno le diagnosi e le terapie, i tanti docenti che non conoscendo la materia e le tecniche d’insegnamento lasceranno i loro alunni nell’ignoranza, i tanti ingegneri che faranno crollare i ponti perché non progettati secondo scienza e coscienza …?
Sui banchi di scuola, nelle università, nei concorsi, copiare esiste da quando esiste la scuola e oggi si copia come prima e più di prima grazie anche ai nuovi mezzi tecnologici.
Qualcuno, banalizzando il fenomeno, ha scritto che copiare è un’arte e che, quindi, siamo circondati da una moltitudine di artisti.
Ma abbiamo veramente bisogno di tanti artisti in cerca di facile successo e possibili autori di danni sociali?
Come si spiega questo fenomeno?
“Gli studenti - leggiamo nella presentazione del volume - non si sentono impegnati a mettersi alla prova e migliorarsi, ma clienti/consumatori che “godono” di un servizio. Li incoraggia un clima di tolleranza che smentisce il principio di autorità, svuota di senso la cittadinanza, mina il rispetto della legalità. La pedagogia della comprensione è diventata benevolenza a buon mercato o addirittura complicità. Con la benedizione di tutti: dai genitori agli insegnanti, fino al raffinato intellettuale secondo cui copiare e far copiare sono nientemeno che “un dovere ... un’espressione di quella lealtà e di quella fraterna solidarietà che costituiscono il fondamento dell’etica”. Un fair play all’italiana che all’auspicio “vinca il migliore” risponde come fece un famoso allenatore di calcio: “Speremo de no!”.
E quest’analisi, nella sua estrema sintesi, non deve far pensare al fenomeno dei “copioni” come ad un altro tassello che infrange il puzzle del vivere sociale dove “l’altro” diventa un potenziale ostacolo alla propria realizzazione e dove la scuola non riesce a sconfiggere la cultura del consumismo, l’esaltazione dell’individualismo, del disprezzo delle regole, del raggiungimento del successo facile?
Più volte, nelle pagine di questo giornale, abbiamo rilevato come una società chiusa nel proprio “io” che vede solo diritti, che considera le leggi che regolano lo stare insieme come un attentato alla propria libertà, spontaneità e autenticità, dimentica con facilità che un “io ipertrofico” si frantuma, affogando nella superficialità e nella banalità e porta solo alla degenerazione dei legami sociali.
E allora che fare? Saranno sufficienti i software antiplagio o le circolari “punitive” in arrivo? Isolare le aule creando una zona senza campo telefonico?Mettere le guardie giurate per il controllo?
Se copiare significa non credere in se stessi o trovare una scappatoia particolare per arrivare subito al successo, l’unica soluzione possibile, necessaria e urgente, sarà “svegliare le coscienze” iniziando un processo di educazione al senso della responsabilità.
    Giuseppe Luca, pippo.luca@alice.it, 3334358311
Direttore Responsabile della “Letterina

Commenti

Post popolari in questo blog

Gli articoli 33 e 34 della Costituzione

Insegnanti su più scuole. Come decidere la ripartizione degli impegni?

Ha senso chiamarla ancora Italia?